Piano solo ai giardini Belgiojoso, improvvisazioni sulle musiche di Pino Daniele

Sto, in questi giorni,  passando al setaccio i dischi di Pino Daniele, per capire cosa si può suonare al pianoforte e cosa no, in occasione del concerto breve che terrò a Piano City. A parte la nostalgia dei tempi andati, due cose saltano subito all’occhio, anzi all’orecchio. La prima: i cantautori di quella generazione, dai tardi ’70 a fine ’80, avevano ancora la dimestichezza con una serie di strumenti del mestiere, nello scrivere canzoni di quattro minuti, quando non la maestria nel suonare il loro proprio strumento, come nel caso specifico di Pino Daniele. La seconda: nessuno dei cantautori delle ultime generazioni, a parte Dente e Pacifico, è più in grado di scrivere in quel modo, e dal piglio che questi ultimi mostrano quando parlano, sembra quasi che ne vadano fieri. Mi ricordano una conoscente che tempo fa mi disse orgogliosa ‘in fondo siamo animali’.  Beh, vabè…

Comunque suonerò alcuni tra i seguenti:

Jesce juorno, Nun me scuccià, Napul’è, Terra mia, Appocundria, Quando (si caro Beppe Donadio, ho deciso di farla), Donna Cuncetta, Puorteme ‘a casa mia, Bella ‘mbriana, Chi tene ‘o mare, Che te ne fotte, Sotto ‘o sole.



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